La forma mentis del deceiver
Per assolvere con competenza, ma anche con efficacia, il proprio compito, il deceiver deve possedere e coltivare una mentalità molto differente da quella delle persone comuni, che generalmente accettano la realtà per come si offre loro, e, più o meno supinamente, vi si adeguano. Il deceiver ha sempre una spiccata attitudine a modificare la realtà che lo circonda, impiegando la manipolazione della percezione che gli altri hanno di essa, e lo fa quel tanto che basta per conseguire lo scopo. Anche per questo motivo, le organizzazioni tendono a non saper gestire simili "personalità creative", anche perché queste tendono a sottrarsi alla disciplina dell'organizzazione e a percepirsi (e proporsi) come individualità consapevoli, anziché come funzionari "pre-formattati" che sono pienamente fungibili, cioé sostituibili, poiché tutti uguali. Un esempio di questo conflitto latente e sostanzialmente insuperabile tra la logica dei deceivers e quella delle grandi organizzazioni si ricava da una piccola vicenda che coinvolge la "A" Force, cioè l'unità di pianificazione della deception alleata nel teatro europeo durante la Seconda Guerra Mondiale, costituita da una quarantina di persone, segretarie incluse.
“Another British flexibility that astonished Americans was the ease with which they conferred temporary or local rank. When Second Lieutenant Arne Ekstrom was recruited to "A" Force in Algiers in early 1943, Dudley Clarke "went down to tell Eisenhower that they had found the officer they liked and they wanted me made a major. And his answer was that in the American Army when we need a major we send a major."„
(Holt, T., The Deceivers, London, Phoenix, 2005, p. 69.)