Codice Swordfish (2001)
Questo film del 2001 ci spiega bene come la rappresentazione dell'astuzia non si coniuga bene con la necessità di stordire lo spettatore con esplosioni, inseguimenti, mitragliamenti indiscriminati e personaggi mal costruiti. Il “mastermind” Travolta non è credibile, perché non raffigura un personaggio intelligente e motivato, ma semplicemente l'idea americana – cioè ingenua e approssimativa – di cosa sia davvero un deceiver. A parte qualche frase generica sulle apparenze ingannevoli, sulla misdirection, sulla capacità di un ingannatore di vivere beyond, oltre le regole e le convenzioni che vincolano gli altri, non ci sono spunti davvero interessanti. Solo qualche tecnica di ripresa innovativa, che aggiunge spettacolo ma lascia la trama assai sfilacciata. In realtà, il deceiver Travolta ha un piano abbastanza semplice e diretto – non c'è traccia di un vero approccio indiretto, come in altri film del genere, come Slevin o The Inside Man, per non parlare dell'eccellente Charley Varrick – cioè una brutale rapina in banca inscenata per utilizzare un computer della banca e trasferire del denaro. Come minimo si può parlare di un grossolano eccesso di mezzi e di violenza, che si cerca di giustificare con la colossale cifra rapinata. Il tutto è opera della solita cellula segreta e parzialmente deviata dei servizi d'intelligence americani. Per misurare la rilevanza delle idee originali e innovative nella trama di un film americano bisogna contare le scene con elicotteri: maggiore è il numero di frame con elicotteri, minore è il peso delle idee. E in questo film gli elicotteri abbondano. Anche la sequenza logica degli eventi è incoerente, così come tutti i personaggi, senza eccezione, sono fuori ruolo, dall'hacker bello e palestrato alla finta infiltrata della DEA, che trova la propria ragion d'essere nell'esposizione di un seno sontuoso e avvincente. Un film sciocco e inverosimile, come troppi altri, che non ci insegna nulla e non ci fornisce alcuno spunto di riflessione.